Ieri era il 5 di Ottobre. E come ogni 5 del mese, a casa mia si è accesa la festa! Certo, perché da quando è nata Amaranta noi festeggiamo anche i complimese e ieri la nostra piccola di mesi ne ha compiuti sette. Mentre le davo il mio bacio di augurio, mi sono resa conto che si stava concludendo per me un pessimo periodo di riflessioni abbastanza amare. Mi sono goduta e spupazzata la mia bambina tutto il tempo e mi sono lasciata inebriare dai suoi sorrisi e dalle sue risate fragorose.

Non è stato facile per me quest’ultimo mese da mamma. Il lavoro ha ripreso alla grande. Le scadenze in redazione sono diventate sempre più pressanti (no, non è più difficile il lavoro. Sono il tempo a disposizione e la concentrazione che si sono considerevolmente dimezzati). Ho cominciato a lavorare per un altro progetto, un blog partecipativo con l’intento di racimolare qualche spicciolo parlando di un argomento che mi piace da impazzire ma per cui non avevo mai lavorato: la moda.  Continuo poi a portare avanti, fieramente come non mai, anche a Natural Experience of Life, lo spazio che state leggendo in questo momento, perché lo ritengo il mio stupendo gioiellino, ciò che avevo sempre sognato di fare e che poi ho realizzato. Infine l’associazione di cui sono presidente ha dei progetti in cantiere e ha bisogno della mia dedizione.

La mia maternità è durata solo un mese, forse neanche. A lavoro c’era bisogno di me e sono tornata con ancora la stanchezza del parto e delle notti insonni sulle spalle. Non mi sono mai lamentata, lavorare mi piace troppo, ma tempo altri 5 mesi e sono scoppiata. Perché Amaranta è la cosa più bella della mia vita, l’unico lavoro a tempo pieno che vorrei fare. E sapere che così non può essere, ma che come tutti i genitori del 2011 ho bisogno di lavorare sodo per sopravvivere, mi deprime.

Ho passato gli ultimi 20 giorni stanca e perennemente sull’orlo di una crisi di nervi, elettrizzata e agguerrita, pronta a scattare su per un non niente. Mi sono interrogata sulle mie qualità di madre. Mi sono chiesta se io non stia facendo mancare qualcosa a mia figlia. Mi sono aiutata a fare un esame di coscienza che talvolta mi rassicurava e talvolta mi faceva salire la bile al palato. Non è stato facile sentirmi inadeguata, sempre di fretta, sempre in cerca del modo in cui mandare avanti la barca nella maniera migliore possibile. Non è stato facile credere agli altri che cercavano di convincermi di quanto fossero solo i normali sensi di colpa di ogni mamma, assolutamente ingiustificati, a farmi parlare. Lo so che infatti a mia figlia dedico tanto tempo e moltissime attenzioni. Lo so che ci sono sempre per somministrarle i pasti principali della giornata. Lo so che ho avuto la capacità e la determinazione di costruire il mio orario lavorativo in base alle sue esigenze, ma che ci vogliamo fare. Noi mamme siamo sempre troppo critiche con noi stesse.

E’ che Amaranta è arrivata nel momento più florido e prospero della mia vita. E non potevo, non ho potuto lasciare tutto per fare la mamma a tempo pieno. L’ho fatto anche per lei. Ho continuato a remare per garantirle il presente e il futuro migliori che potessi. In fin dei conti lavoro quattro ore al giorno fuori e quattro ore al giorno da casa. La mia piccola passa con la sua mamma molto più tempo di quei bimbi le cui mamme lavorano full time in un ufficio, o in un negozio. Eppure non è facile lo stesso. Non è facile, quando lei mi guarda dal lettino e io sto ultimando un articolo. Non è facile quando mi tende le mani per farsi prendere, e poi piange, perché non può capire che la mamma sta lavorando. Non è facile desiderare di giocare con lei ma essere consapevoli di dover rispettare delle scadenze.

Non è facile. Ma lei mi sorride con amore e dipendenza, mi fa capire che tra tutti vuole solo con me. E questo mi risolleva da ogni mio dubbio…